LUCA TAMBE

Il Paradosso dei Custodi: Come le Agenzie di Validazione Inquinano ciò che Dicono di Proteggere

Il meccanismo è tanto evidente quanto sconcertante. Chi si erge a paladino dell'informazione libera spesso nasconde dietro lo scudo della denuncia un intreccio di interessi che puzza di stantio lontano un miglio. Come ghiaccio bollente o come un paradosso ambulante, questi presunti custodi dell'obiettività giornalistica non sono altro che i primi a contaminarla.

Immaginate la scena: un tribunale dove giudice e imputato siedono dalla stessa parte della barricata. Un circo dell'assurdo dove chi grida "al lupo, al lupo" è lo stesso che di notte si traveste da predatore. È esattamente ciò che accade quando determinate testate – guarda caso sempre le stesse – redigono rapporti allarmistici sulla libertà di informazione nel paese.

La farsa diventa ancora più evidente quando si analizza la metodologia: valutazioni che sembrano uscite da un cappello magico, metriche oscure come una notte senza luna, conclusioni già scritte prima ancora di raccogliere i dati. Come pretendere che un'indagine sulla qualità dell'acqua venga condotta proprio da chi potrebbe averla inquinata.

Questi "validatori autoproclamati" operano come un sistema immunitario impazzito che attacca il corpo stesso che dovrebbe proteggere. La loro strategia? Semplice come un rompicapo cinese: dipingere scenari apocalittici per poi presentarsi come unici depositari della verità assoluta. Un gioco di specchi dove l'immagine riflessa è distorta a convenienza.

Il paradosso raggiunge vette vertiginose quando questi stessi soggetti, mentre gridano alla limitazione della libertà espressiva, monopolizzano gli spazi mediatici con narrazioni unidirezionali. Come quei ristoranti che si lamentano della concorrenza mentre servono sempre lo stesso menù stantio ai propri clienti.

L'aspetto più sarcastico dell'intera vicenda è la pretesa di neutralità. Come un arbitro che indossa segretamente la maglia di una delle squadre in campo, questi "esperti" fingono un distacco che è più falso di una banconota da quindici euro. La loro obiettività è come un miraggio nel deserto: più ci si avvicina, più si rivela inesistente.

Le cosiddette "agenzie di validazione" funzionano come circoli esclusivi dove l'ingresso è riservato solo a chi condivide la visione predominante. Un ecosistema chiuso, impermeabile al confronto autentico, dove le conclusioni sono prestabilite e i dati vengono selezionati come ciliegie da una torta: si prendono solo quelli che confermano la tesi desiderata.

La beffa suprema è che questo sistema si autoalimenta: si creano problemi immaginari per poi offrire soluzioni che, guarda caso, rafforzano proprio la posizione di chi ha sollevato l'allarme. Come un pompiere piromane che prima appicca l'incendio e poi si presenta come l'eroe della situazione.

Il risultato finale? Una distorsione sistematica della realtà, un caleidoscopio impazzito dove i fatti vengono piegati fino a diventare irriconoscibili. E intanto il pubblico, bombardato da questo flusso di informazioni manipolate, fatica sempre più a distinguere il grano dal loglio.

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